Al Niguarda la chirurgia mininvasiva è sempre più utilizzata in caso di resezione epatica, per ridurre al minimo il trauma operatorio per il paziente, favorendo anche i successivi percorsi di cura oncologica.
I medici del reparto di Chirurgia Generale e dei Trapianti diretto dal professor Luciano De Carlis in collaborazione con il Dipartimento di Statistica dell’Università Bicocca – collaborazione che gode del sostegno di Niguarda Transplant Foundation – hanno pubblicato uno studio dettagliato su questa pratica chirurgica ottenendo il privilegio della pubblicazione sulla rivista scientifica inglese Surgical Oncology nel numero di dicembre 2018.
L’obiettivo è rendere sempre meno stressante per l’organismo l’intervento del bisturi senza compromettere, ma anzi favorire, la risposta efficace a successive terapie.
La Resezione Epatica “In Open” e in Laparoscopia
In caso il fegato sia stato danneggiato, molto spesso è possibile intervenire con la rimozione della porzione compromessa. L’intervento più frequente in caso di resezione epatica è detto “minore”, non per la gravità del caso, ma per la porzione di fegato che viene eliminata, fino a tre degli otto segmenti in cui l’organo è convenzionalmente suddiviso. È la casistica di gran lunga più frequente, quella che più spesso il chirurgo si trova ad affrontare e in cui l’impiego della chirurgia mininvasiva (robotica e laparoscopica) ha dato interessanti riscontri.
Su questa pratica si sono concentrati gli studi dei medici del Niguarda, evidenziando, grazie ad un’amplissima casistica analizzata, come rispetto al classico intervento con una profonda incisione, utilizzando gli ausili della tecnologia più avanzata si ottiene la stessa risposta con un’operazione molto meno invasiva, contenendo di molto il sanguinamento, il rischio di complicanze durante l’intervento e i disagi postoperatori del paziente.
L’indagine
Dal 2005 al 2015 a Niguarda sono stati eseguiti 429 interventi di questo tipo con tecnica classica e 79 in laparoscopia. Una tecnica che negli ultimi anni e diventata sempre più frequente, inducendo i chirurghi stessi a specializzarsi nell’utilizzo di queste strumentazioni ad alta precisione. Per effettuare lo studio sono stati selezionati 75 casi per entrambe le tipologie con condizione simile per patologia, età, stato generale di salute del paziente. Lo studio pubblicato sulla rivista internazionale, con primo autore il dottor Stefano Di Sandro, conferma i vantaggi per il paziente di essere trattato con questa pratica avanzata, con benefici sia nell’immediato con una miglior ripresa che per il successivo trattamento terapeutico.
Niguarda Transplant Foundation prosegue nella sua missione di sostenere la ricerca per favorire il benessere del paziente e raccoglie con grande soddisfazione questo nuovo riconoscimento per Stefano Di Sandro e per tutto lo staff guidato dal professor Luciano De Carlis.