Vivere dopo il trapiantoVivere da guarito, vivere da malato. L’approccio fisico e mentale del paziente dopo il trapianto riporta una casistica davvero varia e sorprendente, con storie diverse e ognuna carica di emozioni, paure, gioia, difficoltà, a volte anche di errori più o meno consapevoli. Come dovrò alimentarmi? Sopporterò i farmaci anti-rigetto? Quali precauzioni serviranno per viaggiare? Potrò tornare a fare sport? Potrò condurre una vita normale? Come affrontare un’influenza? Domande inevitabili e legittime per un trapiantato, che malgrado il supporto e le informazioni ricevute dai medici durante la degenza, alla dimissione con il piano terapeutico e le raccomandazioni alimentari e generali, e poi ai controlli, spesso si insinuano nella mente, reinterpretate e interiorizzate a modo proprio. Spesso con ingiustificati timori, vivendo una qualità di vita al di sotto di quella consentita, a volte invece in modo inconsapevole, con imprudenze ed errori che potrebbero ripercuotersi sulla buona salute dell’organo ricevuto e dell’organismo in generale.

Si torna a casa, a tu per tu con le emozioni.
Dopo la gioia della buona riuscita del trapianto, il paziente può vivere stati di gioia e ansia specie con l’avvio della terapia immunosoppressiva e il ritorno a casa. Il recupero infatti è un processo relativamente breve, ma progressivo nel tempo, e che richiede la collaborazione della famiglia. Il pensiero più ricorrente e inevitabile specie nei primi tempi va per tutti al proprio donatore, con un senso di profonda gratitudine per l’organo ricevuto. C’è chi chiama il proprio nuovo organo come “terzo figlio”, e promette di amarlo e accudirlo come tale. Chi ritrova la gioia della ritrovata vitalità, il piacere di fare sport, di tornare a lavorare spesso più forti e vigorosi degli ultimi periodi della malattia, e chi corona il sogno di una vita: un figlio, il matrimonio, un lungo viaggio o un cambio di vita. Per altri invece, il “peso” di aver ricevuto un organo da chi non ne può più godere o l’approccio con una terapia permanente diventa un fardello difficile da portare.

L’importanza della terapia immunosoppressiva.
Se per il primo caso un consulto psicologico e il costante confronto con medici e altri trapiantati è fondamentale, per chi si trova a disagio con l’assunzione costante di farmaci irrinunciabili è essenziale che approfondisca a fondo la tematica della dipendenza della propria condizione dall’uso costante dei farmaci prescritti. Capita infatti che il senso di ritrovato benessere faccia supporre di essere “guariti” e che quindi i medicinali non siano più necessari, rallentando o addirittura sospendendo arbitrariamente la loro assunzione. Istintivamente, calano infatti attenzione e allerta sul rigoroso rispetto delle prescrizioni mediche da parte del trapiantato, trasformandolo di fatto da soggetto guarito a potenziale nuovo malato!
La consapevolezza del paziente quindi sul proprio nuovo stato di salute è fondamentale, e su questo serve insistere con una capillare informazione, come è altrettanto consigliabile non tenere per sé paure e ossessioni ma condividerle, in famiglia, con i curanti, e anche con altri ex pazienti o trapiantati.

La terapia è un gioco di squadra medico-paziente-famiglia
Un trapianto è un dono che si ha anche il diritto di godersi appieno, quindi la serenità e la gratitudine possono concretizzarsi nella ripresa di una vita normale e attiva. Serve ricordare quindi alcune prescrizioni di base, e cioè che un trapiantato con ragionevoli precauzioni di prudenza è guarito, prestando maggiore attenzione però a ciò che mangia, alla maggiore predisposizione a infezioni e contaminazioni. L’attività fisica è sicuramente una buona alleata per ritrovare energia e buonumore, ed eseguendo i controlli clinici e strumentali prescritti, senza sottovalutare sintomi ma nemmeno spaventarsi per un raffreddore, si può ascoltare il proprio corpo e conviverci in serenità. Il filo diretto con i propri medici sarà determinante per svanire dubbi e ansie, ma anche per ribadire la necessità di seguire con scrupolo e costanza le terapie assegnate senza autogestione della terapia. Conoscendo lo stress del trapiantato per l’assunzione costante di svariati medicinali, l’industria farmaceutica sta sviluppando formule che siano sempre più sopportabili e monodose.

Un consiglio forse a volte sottovalutato che NTF si sente di dare è di non tenere per sé ansie e paure, ma di condividere con il medico curante e con i famigliari, ma anche con altri trapiantati la propria condizione, per non farsi sopraffare da false supposizioni o timori e di vivere da guariti, e non da malati, la propria nuova vita! Attraverso i nostri canali online, il sito, la pagina Facebook e la newsletter raccontiamo le testimonianze di amici ed ex pazienti che oggi vivono la propria nuova vita con prudenza, ma senza paure. Puoi farlo anche tu!
Seguici, iscriviti alla nostra newsletter e ti racconteremo tutto ciò che può aiutarti a stare meglio!