Ci ha scritto Pietro, per raccontarci la storia dei suoi ben due trapianti, le emozioni durante le chiamate tanto attese, il significato della donazione e del “trapianto che moltiplica la vita”, la gioia della paternità e come Niguarda non sia solo un ospedale, ma la sua Casa.
Qui di seguito trovate il racconto esteso. Una testimonianza importante, “un’ode alla vita”. Buona lettura.
“La mia storia comincia tanti anni fa, esattamente 34 anni, quando per la prima volta entrai a Casa Niguarda, 20 anni, un ragazzo vivace, sportivo, una compagnia di amici con la quale passare piacevoli serate, ma soprattutto grande passione per lo sport, in particolare il tennis, il calcio e le maratone.
Dalle mie passioni sportive capii che qualcosa non andava, qualcosa mi impediva di avere la forza, per arrivare in fondo, la stanchezza era più forte della mia volontà.
Nel parlai con il mio medico. Disse: non è nulla, ma facciamo un controllo. Quel controllo fu chiaro ed evidenziò una perdita di proteine nelle urine Il resto…? Tutto bene.
Andai così per la prima volta da un Nefrologo. Esiste il Nefrologo, mi chiesi?
Dopo un ricovero a Casa Niguarda la diagnosi non lasciava dubbi i miei reni si erano ammalati. Una sigla GNMP, Glomerulo Nefrite Membrano Proliferativa appariva su tutti i certificati che parlavano di me.
Gli anni successivi furono gli anni dei controlli, delle terapie, delle diete, ma il mio destino era comunque segnato. Mi aspettava una terapia ancora più dolorosa: la dialisi.
Mi sposai nell’aprile del 1991 e all’inizio non fu facile per una coppia che sognava tranquillità e gioia.
Così il 2 gennaio 1992 a Casa Niguarda accompagnato da mio papà cominciai la dialisi, quel giorno si ricorda per la ricorrenza di due eventi: l’inizio della dialisi e il primo giorno di pensione di mio papà. Dopo una vita di lavoro dover portare un figlio a fare la dialisi non deve essere stato piacevole.
La notte del 20 febbraio 1993 squillò il telefono. Era arrivato il mio momento, era arrivato l’atteso trapianto.
Da quel giorno la mia vita cambiò, cominciarono anni bellissimi, anni vissuti in pienezza, senza mai dimenticare chi avevo lasciato in quei letti di ospedale, con la macchina a fianco, che scandisce il tempo ed il battito del tuo cuore.
Mi dedicai alle persone in dialisi, a promuovere la donazione. La donazione è amore, è cultura, dovremmo cominciare a smettere di pensare che tutto ciò che succede, succede al vicino di casa.
Raccolsi le firme per la legge sulla donazione che venne poi approvata, promossi varie iniziative dallo sport al sociale, dalla musica, con il concerto nel duomo di Milano mai utilizzato fino all’epoca per un evento, al cinema con il festival del film sociale. Incontrai Giovanni Paolo II nell’anno del Giubileo, papa Ratzinger, il Presidente della Repubblica Napolitano.
La passione per lo sport è sempre stata dentro di me, partecipai ai mondiali di tennis, ai mondiali di sci, diventando Campione del mondo di sci nordico, conobbi in questa occasione Reginald Green che mi citò nel libro e nel film dedicato a Nicolas.
La prima partita della Nazionale Italiana Trapiantati e tutte le altre che seguirono.
Lo sport come testimonianza di rinascita e di ritorno alla vita normale.
Soprattutto, nell’aprile del ‘96 divenni papà di Alessia, la Figlia del Trapianto. La cosa più bella che ho fatto grazie al trapianto. Il trapianto che moltiplica la vita.
Quante cose può far nascere un trapianto.
Gli anni passarono, ne passarono tanti, 25, fino a quando il mio rene cominciò a smettere di funzionare. Così, preparata la fistola, si stabilì la data della mia prima dialisi: 26 agosto 2018. Ero pronto, sereno, ero riuscito a vivere un bellissima vita fino a quel momento, ero pronto a ripartire dalla dialisi per viverne una seconda, anzi una terza.
La sera del 30 luglio, ricevo una telefonata inaspettata, era la mia dott.ssa Eleonora, incredibile chiamava un suo paziente, aveva una voce strana, un misto tra ansia e gioia, non facile da descrivere, mi disse: dove sei? A casa, risposi. Vieni, ti hanno chiamato per il trapianto.
Il 1 agosto sono stato trapiantato per la seconda volta.
Nessuno potrà dire quanto durerà questo nuova fase della vita, ma di certo so, che cercherò di viverla nel rispetto di chi ha fatto la scelta di donare gli organi di un figlio o figlia, un marito o moglie, di un padre o madre.
Focalizzare il pensiero sul momento in cui avviene questa scelta ci fa capire meglio la grandezza di questo atto d’amore, nella morte scegliere la vita.
Donare gli organi è un atto di amore, un’ode alla vita cosi grande che deve essere onorata ogni giorno da chi riceve questo dono.
Cosi interpreterò la mia vita mettendomi a disposizione di chi ha bisogno di essere ascoltato, di chi ha bisogno di un consiglio, di chi teme di affrontare la malattia, di chi aspetta un trapianto e di chi dopo il trapianto deve affrontare un percorso nuovo e pieno di domande. Di chi con lo sport vorrà tornare a vivere nuove sensazioni ed essere testimone della sua rinascita.
Assieme agli amici della Fondazione tutto questo potremo realizzarlo. Niguarda per me non è solo un Ospedale, è anche la mia Casa, la casa di molti.”
Pietro